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      «Oh», disse Lucia, «Dio la benedica, ella mi lascia andare».
      «State di buon animo», ripetè il Conte, «cercate di riposare... domani... parleremo...»
      «E voi», rivolto alla vecchia, «voi», disse, «fate ch'ella non abbia da lagnarsi pure di una parola torta. Ora vi si allestirà la cena... ristoratevi, e dormite tranquilla».
      «No, no», rispose Lucia, «mi lasci andar subito...»
      «Domani... domani ci parleremo», replicò il Conte, e con un rapido movimento andò verso la porta, ed uscì.
      Lucia, tutta piena della speranza di ottenere la sua liberazione si alzò, e volle correr dietro al Conte, ma quando si trovò sull'uscio non ardì movere un passo più in là, né chiamare: tornò indietro come spaventata, e si raccosciò di nuovo nel suo angolo.
      «Volete dunque cenare?» le disse la vecchia.
      «No no; badate bene a non partire di qua» rispose Lucia, «ricordatevi di quello che vi ha detto il vostro padrone: chiudete la porta». La vecchia obbedì, e tornata: «mettetevi a letto e dormite dunque», disse.
      «No: io non mi voglio movere di qui» replicò Lucia.
      «Che pazzie?...»
      «Non voglio», replicò di nuovo Lucia, risolutamente: quel coraggio di disperazione ch'ella si sentiva da quando a quando era stato accresciuto e corroborato da quella compassione ch'ella aveva veduta nel Conte, dalle parole di speranza che egli le aveva date, e dagli ordini ch'egli aveva lasciati con impero alla vecchia.
      - Ih! ih! che fummo ha costei, - disse tra sè la mala vecchia. - Maladette le giovani che hanno sempre ragione e quando sono svergognate e quando fanno le smorfiose.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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