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      «Badate a non ispegnere quella lucerna», disse Lucia.
      «Sì sì», rispose la vecchia, e senza più rivolger la parola a Lucia si coricò brontolando.
      Lucia rimase nel suo angolo. Era questo per lei, in quella orrenda giornata il primo momento di riposo; ma quale riposo. I pensieri che l'avevano assalita tumultuosamente, ad intervalli nel giorno, tornarono tutti in una volta ad assediare la povera sua mente. Le memorie così recenti, così vive, così atroci di quelle ore, di quel viaggio, di quell'arrivo, si affollavano alla sua fantasia; l'avrebbero oppressa se fossero state memorie d'un pericolo trascorso: e che dovevano fare, nel mezzo del pericolo stesso, nella durata, nella orribile incertezza dell'avvenimento! Qual passato! e qual presente! quel silenzio, quella compagnia, quel luogo. Qual notte! e per giungere a qual domani! L'infelice intravedeva ben qualche cosa della orditura spaventosa del laccio dove era stata tirata, ma rifuggiva dal pensiero di scoprirne più in là. Di quando in quando le parole di speranza del Conte la rincoravano: le andava ripetendo fra sè, s'immaginava di essere l'indomani fuori di quell'antro con sua madre, ma un altro avvenire possibile rispingeva questa immaginazione, e a tutta forza veniva a collocarsi nella sua mente. Tremava, si faceva animo, sperava, disperava, pregava: le forze del corpo finalmente cedettero ad un tale combattimento dell'animo, e Lucia fu presa da una febbre violenta. Le sue idee divennero più vive, più forti, ma più interrotte, più mescolate, più varie, si urtarono più rapidamente, e la confusione togliendole una parte della coscienza, rese sofferibile una angoscia che altrimenti ella non avrebbe potuto sofferire e vivere.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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