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      Federigo, contristato e mosso a pietà ed a sdegno nello stesso tempo, ma non confuso, girò su quella turba un'occhiata che esprimeva tutti questi affetti con una gravità tranquilla, ma più potente dell'impeto indisciplinato di quei provocatori; quindi piegate le ginocchia dinanzi all'altare, pregò per essi, i quali partirono col miserabile contegno di chi è stato vinto in una impresa in cui il vincere stesso sarebbe vergognoso.
      Torniamo al Conte vecchio: il quale stette in fra due, se doveva prima andare alla stanza di Lucia. Dopo aver pensato qualche tempo: - no - diss'egli fra sè -: non la vedrò: non voglio obbligarmi a nulla; voglio venirne all'acqua chiara con questo Federigo. Potrei lasciarla andare, e pentirmi. Se comincio a fuggire da uno spauracchio, a desistere da un'impresa, è finita, non son più un uomo. Parlato che avrò con costui, mi convincerò che sono sciocchezze, e sarò più forte di prima... o se... costui... mi facesse... cangiare... son sempre a tempo. Andiamo, sarà quel che sarà.
      Chiamò un'altra donna alla quale in presenza del Tanabuso impose che si portasse sola alla stanza di Lucia, che vedesse che nulla le mancasse, e che sopratutto ordinasse alla vecchia guardiana di trattarla con dolcezza e con rispetto: e che nessun uomo ardisse avvicinarsi a quella stanza.
      Dato quest'ordine, pensò se dovesse pigliar seco una scorta; e - oh! via, - disse, - per dei preti e per dei contadini? Vergogna! Se vi sarà alcuno che non mi conosca non avrà nulla da dirmi: per quelli che mi conoscono.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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