Questo è detto nell'ipotesi di coloro i quali tengono che la rivoluzione nelle lettere, il ritorno ad un certo qual senso comune, che ebbe luogo nel principio del secolo decimottavo, abbia cominciato dalla poesia, e sia venuto nella poesia dallo studio ripreso dei cinquecentisti, e del Costanzo in ispecie.
Ma non si deve dissimulare che v'ha alcuni altri (pochissimi invero) i quali tengono invece che la lettura degli insigni scrittori francesi, che fiorirono appunto nel tempo in cui le lettere in Italia erano più stolide e più vuote, cominciò a risvegliare alcuni italiani, a dar loro idea d'una letteratura nutrita di ricerche importanti, di ragionamenti serj, di discussioni sincere, d'invenzioni che somigliassero a qualche cosa di umano, e di reale, diretta a far passare nell'ingegno dei lettori una persuasione ragionata di chi scriveva, a condurre i molti ad un punto più elevato di scienza, di sentimento a cui erano giunti alcuni con una meditazione particolare. Scorgono costoro che questi italiani cominciarono ad imparare dalla lettura di quei libri, e furono dal confronto nauseati degli scritti, dei giudizj, degli intenti, dei metodi, delle riputazioni, di tutta insomma la letteratura italiana di quel tempo; e cominciarono a porre essi nei loro scritti una cura più esatta a cercare un vero importante, e lo fecero con una mente più disciplinata, più addestrata a questa ricerca, e diffusero a poco a poco nei cervelli dei loro concittadini il buon senso che avevano attinto. Questa tengono essi che fosse non la sola cagione, ma la principale, la prossima della rivoluzione generale e osservabile nel gusto letterario degli italiani.
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Costanzo Italia
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