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      Noi tronchiamo dunque subitamente questa digressione, pregando quei pochi i quali l'avessero letta fin qui a fare le nostre scuse a quelli che per noja avranno gettato il libro a mezzo di questo capitolo, pregandoli anche di assicurarli che saltando tutto il capitolo avrebbero la continuazione della storia, e di prometter loro in nostro nome, che noi vi ci getteremo in mezzo a piè pari al principio del prossimo volume, che la continueremo senza interruzione, seguendo fedelmente il manoscritto, e mescolandovi del nostro il meno che sarà possibile.
     
      TOMO TERZO
     
      CAPITOLO I
     
      Il Cardinale Federigo, secondo il suo costume in tutte le visite, stavasi in quell'ora ritirato in una stanza, dove dopo aver recitate le ore mattutine, impiegava quei momenti di ritaglio a studiare, aspettando che il popolo fosse ragunato nella Chiesa, per uscir poi a celebrarvi gli uficj divini, e le altre funzioni del suo ministero. Entrò con un passo concitato ed inquieto il cappellano crocifero, e con una espressione di volto tra l'atterrito e il misterioso, disse al Cardinale: «Una strana visita, Monsignore illustrissimo».
      «Quale?» richiese il Cardinale con la sua solita placida compostezza. «Quel famoso bandito, quell'uomo senza paura e che fa paura a tutti... il Conte del Sagrato... è qui... qui fuori, e chiede con istanza d'essere ammesso».
      «Egli!» rispose il Cardinale: «è il benvenuto, fatelo tosto entrare».
      «Ma...» replicò il cappellano, «Vostra Signoria Illustrissima, lo debbe conoscere per fama; è un uomo carico di scelleratezze.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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