«Ne corro in cerca, Monsignore illustrissimo, e Dio compirà l'opera buona». Detto questo uscì; i radunati nell'altra stanza lo guardarono curiosamente, ma nessuno lo fermò per interrogarlo, giacché si sapeva ch'egli era così avaro delle parole inutili, come pronto a parlare senza rispetto quando il dovere lo richiedesse.
Il Cardinale si volse allora a Don Abbondio, e con volto lieto gli disse: «Una buona nuova per voi, Signor curato di... Una vostra pecorella che avrete pianta come perduta, vive, è trovata; e voi avrete la consolazione di ricondurla al vostro ovile, o per ora in quell'asilo di che Dio la provvederà».
«Monsignore illustrissimo, non so niente»; rispose Don Abbondio, il primo pensiero del quale era sempre di scolparsi a buon conto, e di lavarsene le mani.
«Come!» disse Federigo, «non conoscete Lucia Mondella, vostra parrocchiana, che era scomparsa...?»
«Monsignore sì», rispose tosto il curato, che non voleva passare per un pastore spensierato.
«Or bene, rallegratevi», disse il cardinale, «che Dio ce la restituisce: e questo signore» continuò (accennando il Conte) «è lo stromento di che Dio si serve per questa opera buona. In altro momento voi mi informerete dei casi e delle qualità di questa giovane».
- Ahi! ahi! - pensava fra sè Don Abbondio. - Bell'impiccio a contare la storia! Questa donna è nata per la mia disperazione.
«Per ora», proseguì Federigo, «quello che preme è di riaverla e di riporla nelle braccia di sua madre, e in casa sua, se potrà esservi sicura. Andrete voi dunque con questo mio caro amico» (e così dicendo prese la mano del Conte il quale lasciava dire e fare troppo contento che un tal uomo lo governasse e parlasse per lui) «andrete al suo castello accompagnando una buona donna di questo paese che ricondurrà quella giovane nella mia lettiga.
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