Tutti gli sguardi furono levati in un punto ai volti di quella coppia mirabile, sui quali era dipinta una commozione diversa, ma egualmente profonda: una gioja, una tenerezza, una estasi tranquilla sui tratti venerabili di Federigo, e su quelli del Conte i vestigi d'una grande vittoria e d'un grande combattimento, il contrasto tra le feroci passioni che partivano e le nuove virtù, un abbattimento che mostrava tuttavia il vigore di quella selvaggia e risentita natura. A più d'uno dei riguardanti sovvenne allora di quelle parole d'Isaia: Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme; il leone participerà alla profenda del bue. Il Cardinale s'arrestò un momento poco al di là della soglia, abbracciò ancora il Conte, il quale non ebbe tempo di ritirarsi, e gli disse: «v'aspetto»; salutò della mano Don Abbondio, e mostrò di volersi avviare alla sacristia: parte del clero lo precedette, altri lo circondarono, alcuni gli tennero dietro, e la comitiva partì, giunse alla sacristia, dove il cardinale si vestì degli abiti solenni, ed uscì nella chiesa affollata a celebrare gli uficj divini. Quando fu cantato il Vangelo, il Cardinale parlò dall'altare al popolo, come era suo costume. In quel tempo in cui la carestia era l'idea la più famigliare, e l'affare il più importante, si diffuse egli con eloquenza cordiale a parlare di pazienza e di liberalità; a far sentire ai poverelli il bene che potevano cavare dai patimenti irrimediabili, agli agiati il bene che potevano farsi col rimediare a quei patimenti che avessero potuto: e le parole dell'uomo di Dio, produssero ivi come da per tutto il doppio effetto ch'egli cercava; perché quelle parole erano rese ancor più potenti dal soccorso e dall'esempio.
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