..»
«Chi? dove?» richiese Lucia.
«Monsignore illustrissimo, che ci aspetta, che vuol vedervi. Ma abbiate giudizio: badate a quel che dite; voi non potete avere pratica di quello che va detto e taciuto ai signori grandi. Vi chiederà delle vostre vicende: non istate a troppo ciarlare: vi può far del bene; ma bisogna guardarsi dal toccar certe corde: non parlate del matrimonio, perché, vedete, se sapesse che avete voluto sorprendere il curato, fare un matrimonio clandestino, guai, guai...!»
«Chi è Monsignore illustrissimo?» domandò Lucia.
«È il cardinale arcivescovo», rispose Don Abbondio, «un uomo di Dio, ma bisogna saperlo pigliare, perché...»
«Andiamo tosto», disse la buona donna.
«È vero», disse Don Abbondio, «andiamo perché qui non è troppo sano stare: ma ricordatevi di quello che v'ho detto».
«Come faremo ad uscire?» disse Lucia: «e se ci veggono?»
«Non temete», disse la buona donna: «il padrone del castello viene egli stesso a cavarvene: qui fuori è la lettiga, voi entrerete con me, e partiremo col signor curato».
«Ho da vederlo ancora il padrone?» chiese ansiosamente Lucia, per la quale il Conte era ridivenuto orrendo, da poich'ella aveva veduti due visi umani. E continuò: «ho paura di lui: ho paura».
«Che paura?» disse Don Abbondio, «siete con me, ed è mio amico. Risolvetevi».
«Non lo vedrete», disse la buona donna: «noi ci chiudiamo nella lettiga e si parte, e in un momento siamo a Chiuso».
«Ah! Chiuso!» sclamò Lucia: «dov'è quel buon curato! andiamo, andiamo. Oh Madonna santissima, vi ringrazio!
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