Quel tripudio poi, quel rincoramento che s'era manifestato nella popolazione gli rendeva ancor più irresoluti, avrebbero potuto ridersi di questa gioja impotente finché avevano il Conte per loro, alla lor testa, ma quando la folla era con lui, e sarebbe stata contra loro, si trovavano come smarriti.
Dopo quel breve silenzio, il Conte si rivolse a quello che più gli era vicino, e gli chiese risolutamente quale fosse il partito ch'egli sceglieva, e così di mano in mano con tutti. Dava lodi e promesse a quelli che chiedevano di rimanere, ammoniva gli altri, e quando ripetevano di voler partire, chiedeva loro quanta parte di salario fosse loro dovuta; vi aggiungeva una gratificazione, scriveva la somma sur una cartolina che teneva nella mano sinistra, la dava a colui che voleva partire, gli comandava di andare dall'intendente a farsi pagare, e di uscir tosto dal castello. Tutti pigliavano la carta, e se ne andavano senza far motto. In tutti questi parlamenti il carattere del Conte aveva fatto naturalmente, e senza che il Conte lo sapesse bene, ciò che fatto a disegno sarebbe stato un miracolo di presenza di spirito e di artificiosa prudenza, e forse non avrebbe potuto così bene riuscire. Nelle ammonizioni ch'egli dava a coloro, nelle esortazioni a meglio riflettere, nelle preghiere stesse, fino nelle scuse non v'era mai un momento in cui il suo interlocutore potesse sentire una superiorità, intravedere in lui punto di debolezza, d'irresoluzione, di abbassamento, che invitasse nemmeno uno di quegli animi ad elevarsi e a cadergli addosso.
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