Ma che ch'egli abbia fatto, egli profugo, esacerbato, col sentimento della giustizia negata, pregate Dio, io prego per lui e voi, che gli perdoni, e non vi accagioni di quello che egli possa aver fatto. Era egli prima d'ora uomo di risse, e di misfatti? e di rivolta? Io lo domando a voi, e Dio ascolta la vostra risposta».
«Questo non lo posso dire», rispose Don Abbondio.
«E voi non tremate?» ripigliò il cardinale. «Voi non pensate che se quest'anima la quale era stata affidata a voi, s'è pervertita, voi avete una terribile parte nel suo pervertimento? Un tiranno l'aveva contristata, provocata, esacerbata: era una tentazione: ma non la più forte; ma poteva divenire una occasione di offerta, di sagrificio, di rassegnazione. I poverelli sanno, debbono pur troppo saperlo, che v'ha dei soverchiatori violenti: hanno inteso dire fino dall'infanzia che Dio gli lascia spaziare alcun tempo su la terra per esercizio dei buoni, hanno appreso ad adorare, anche nella iniquità degli uomini, la giustizia, e la misericordia di Dio entrambe infallibili, ma riserbate entrambe a momenti ch'Egli solo conosce. E quante volte la persecuzione dell'empio non accresce in essi la fede? Ma quello che la turba, quello che inverte la loro coscienza, quello che travolge il loro proposito, è l'abbandono per parte di coloro che predicano la fede, la coscienza, il proposito. Un tiranno ha sbalzato questo sventurato giovane lontano dalla sua casa, l'ha staccato da quei mezzi, da quelle consuetudini, da quella vita nella quale egli poteva esser facilmente onesto.
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