Amiamo, e sarem forti; amiamo e le debolezze, che pur ci rimarranno, saranno coperte e perdonate».
Federigo fece ancora pausa a queste parole: Don Abbondio non ruppe il silenzio, ma il Cardinale vide ch'egli gli assentiva con l'animo, e continuò:
«Il male avvenuto è irrevocabile; ma non irreparabile; speriamo. Le sventure di quei due poveretti possono ancora tornare in loro bene, e in bene vostro. Chi sa quante occasioni Dio vi prepara di soccorrerli, di divenir per essi un padre, di compensare il torto che la vostra negligenza può loro aver fatto. Deh! non le lasciate sfuggire. Deh! non indurate il vostro cuore; non restituite loro, nelle occasioni, l'amarezza che può avervi data questa riprensione, che io v'ho fatta, sa il cielo, per amor vostro non meno che pel loro. Pur troppo, io l'ho più volte esperimentato in questa difficile altezza: il debole che si richiama al superiore, che gli fa conoscere la sua ragione, che ottiene una giustizia, troppo spesso momentanea, peggiora spesso la sua condizione. Quegli che è stato ripreso per sua cagione, tace dinanzi alla riprensione, cede al suo maggiore, ma trova poi il mezzo di fare espiare al debole quel breve trionfo. Son tanti i mezzi di fare avere torto al debole! e colui che ne aveva assunta la protezione, è tanto distratto da altre cure, di sì corta vista, che è facile fargli credere ch'egli si è ingannato alla prima, che ha protetto un immeritevole. Deh! non fate così: poiché quand'anche riusciste a farmi travedere, non sono io quello che v'ha da giudicare.
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Don Abbondio Cardinale Dio
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