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      «Andiamo», disse il Cardinale, con un sospiro.
      Abbiamo detto che il Conte del Sagrato era venuto ogni mattina a quella Chiesa che il Cardinale visitava in quel giorno. Stava alquanto con lui in quell'ora di riposo che precedeva il pranzo, e poi ripartiva. Ma in questo giorno egli era venuto con un disegno che fu cagione di farlo rimanere più tardi. Sapeva il Conte che Lucia doveva tornare alla sua casa: il Cardinale lo aveva informato di questo, anzi gliene aveva chiesto consiglio: perché, dove si trattava di pericoli, e di cautela, di bravi e di tiranni, non v'era uomo più al caso di dare un buon consiglio: e il Conte aveva confortato il Cardinale ad installare pure sicuramente Lucia nel suo pacifico albergo. Prevedendo egli dunque che quel giorno Lucia si sarebbe trovata dal Cardinale, non vi si presentò all'ora consueta, ma stette nella Chiesa aspettando l'ora in cui il Cardinale era solito di desinare, e quando questa gli parve dover esser giunta, entrò nella cucina, dove Perpetua stava in grandi faccende, e le chiese con umile affabilità di poter ivi trattenersi ad attendere che il pranzo fosse finito per chiedere udienza a Monsignore. Chi entra in una cucina in un giorno di cerimonia, è sempre il mal venuto; ma il Conte aveva una antica riputazione di ribalderia, e una recente di santità, che imposero anche a Perpetua, la quale per levarsi dattorno nel modo più gentile quell'incomodo arnese, propose al Conte d'entrare nella sala del pranzo.
      «Si faccia avanti», diss'ella «sulla mia parola: Monsignore la vedrà molto volentieri; e anche il mio padrone, e tutta la compagnia: non faccia cerimonie».


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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