Voi non potete vendicarvi, e non fareste altro che rodervi inutilmente. Oh se tutti pensassero a questo modo, sarebbe un bel vivere a questo mondo!».
«È vero», disse Agnese, «che questa mia poveretta ha patito molto... ma bisogna poi anche dire che noi poveretti non siamo avvezzi a vedere i signori venirci a domandar perdono».
«Dio vi benedica», disse il Conte, «e vi compensi con altrettanta e con più consolazione i mali che io vi ho fatti, tutti quelli che avete sofferti». Indi soggiunse titubando: «Come sarei contento se potessi far qualche cosa per voi!»
«Preghi per me», disse Lucia, «ora ch'è divenuto santo».
«Quello ch'io sono stato, lo so pur troppo anch'io: quello ch'io ora sia, Dio solo lo sa!» rispose il Conte... «Ma voi, in questa vostra orribile sciagura... in questa mia scelleratezza... non avete avuto soltanto timori, e crepacuori... La vostra famiglia... una famiglia quieta e stabilita... i vostri lavori, l'avviamento... voi avete sofferti danni d'ogni genere... se osassi... se potessi parlare di compensar questi, io che v'ho fatto tanto male che non potrò compensar mai... ma Dio è ricco... frattanto: datemi questa prova di perdono... accettate», e qui cavò con peritanza quasi puerile, un rotolo di tasca... «accettate questa picciola restituzione... non mi umiliate con un rifiuto».
«No no», disse Lucia: «Dio mi ha provveduta abbastanza: v'ha tanti poverelli che patiscono la fame: io non ho bisogno...»
«Deh! non mi rifiutate...» replicò il Conte con umile istanza: «se sapeste! questa somma.
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