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      Egli desiderava la giustizia, la fortezza, la sobrietà a tutti, la desiderava per loro, per sè, per la gloria del Dio di tutti, la desiderava, e tutta la sua vita fu spesa a promuoverla. La sua benevolenza non era nazionale, né aristocratica, egli non aveva bisogno di odiare una parte del genere umano per amarne un'altra: si faceva povero non per insultare, non per dominare, ma per dividere la condizione dei suoi fratelli poveri, e per migliorarla. A dispetto di tutta la storia, di tutta la morale, di tutta la rettorica, Federigo Borromeo era più grand'uomo che Fabricio; o per meglio dire Federigo era veramente grand'uomo, per quanto un sì magnifico epiteto può stare con un sì misero sostantivo.
     
      CAPITOLO V
     
      Ho visto più volte un caro fanciullo, (vispo a dir vero più del bisogno, ma che a tutti i segnali promette d'essere un galantuomo) l'ho visto affaccendato sulla sera, a cacciare al coperto un suo gregge di porcellini d'India che egli aveva lasciato spaziare il giorno in un giardinetto. Il fanticino avrebbe voluto farli andar tutti di brigata al covile, ma era fatica perduta; uno si sbandava a destra, e mentre il picciolo pastore correva per raggiungerlo, un altro, due tre, uscivano dalla frotta a sinistra; dopo qualche impazienza egli si persuadeva che non sarebbe riuscito a quel modo; spingeva dentro prima i più vicini, e poi tornava a pigliar gli altri ad uno a due a tre, come gli veniva fatto. Così pure abbiamo dovuto far noi coi nostri personaggi: per seguire Lucia nelle sue dolorose vicende, ci è stato forza perder di vista Fermo: ora che Lucia è uscita dal pericolo, e posta in sicuro, e gli altri tutti qual più qual meno allogati, noi torneremo indietro sulle tracce del suo promesso sposo.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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