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L'uomo a cui Fermo s'era voltato e ch'egli aveva pigliato per un cittadino, era un agiato abitante del contorno, il quale andato quel mattino alla città per sue faccende, ne tornava senza aver fatto nulla, e non vedeva l'ora di trovarsi a casa sua.
«Caro giovane», rispose questi con una dolcezza studiata, e dissimulando la noja che gli dava l'essere fermato, «caro giovane, bisognerebbe che mi spiegaste più chiaramente chi è questo Padre Bonaventura che voi cercate».
«Non lo conosce?» replicò Fermo: «è il Padre Bonaventura cappuccino».
«Ve n'ha tanti!» disse l'interrogato; «sapreste dirmi di che convento egli sia?»
Fermo allora si trasse di seno la lettera del Padre Cristoforo, e la mostrò a quel signore, il quale letto sulla soprascritta: nel convento della Concezione in Porta Orientale, disse a Fermo: «Bravo giovane, siete fortunato, il convento è qui vicino: pigliate questo viottolo a mancina; è una scorciatoia: vi troverete tosto all'angolo di una fabbrica lunga e bassa: camminate lungo il rigagnolo, e vi troverete alla porta orientale. Entrate, pigliate ancora la mancina, e dopo forse cento passi, vedrete una piazzetta con dei bei faggi; ivi è il convento di quei buoni padri. Dio vi accompagni». Ciò detto, fece egli un grazioso saluto con la mano, e continuò il suo cammino lasciando Fermo stupefatto del garbo con cui i cittadini parlavano ai foresi: perché i modi, il volto, il tuono di quel signore non erano di una semplice cortesia ospitale; v'era un non so che di riverente e di cortigianesco; si sarebbe detto che quel signore parlava ad un uomo d'alto affare, e che voleva farglisi vedere amico sviscerato.
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