L'uomo portava a fatica su le spalle un sacco di farina, che bucato qua e là ne lasciava sfuggire degli sprazzi ad ogni intoppo del portatore. Il ragazzotto teneva fermo sul capo con ambe le mani un cesto colmo di pani: il ragazzotto non potendo fare il passo lungo a paro dei suoi genitori rimaneva indietro di tempo in tempo, e quando egli affrettava il passo per raggiungerli, e giungeva balzelloni, qualche pane cadeva. Ma la figura la più strana e la più sconcia era quella della donna. Mostrava essa tutte le gambe fino al ginocchio, e queste gambe si vedevano uscire da un gran corpo che procedeva barcollando; da lontano sarebbe sembrato una pancia immensa; ma Fermo vide che la donna teneva con le due mani il lembo della gonna rivolta in su, e piena di farina, la quale pure traboccava ad ogni passo, e lasciava il segno di quel viaggio faticoso. Mentre Fermo guatava quello spettacolo singolare, sopraggiunsero alcuni che venivano da fuori, e accostatisi a quei caricati, chiesero dove si andava a pigliare il pane. «Innanzi, innanzi», rispose la donna. Quando quegli furono passati, Fermo intese la donna mormorare: «Questi foresi birboni, verranno a portarci via tutto».
«Un po' per uno», disse l'uomo: «abbondanza, abbondanza».
«Se tu lasci ancor cadere uno di quei pani, brutto dappoco...» disse la madre, digrignando i denti, e raggrinzando il naso verso il ragazzo, che in un salterello ne aveva seminato un paio.
«Come ho da fare?» rispose il ragazzo.
«Eh! buon per te che ho le mani impedite!
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Fermo Fermo Fermo
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