Approfittava quindi del momento di baldoria, assediava continuamente i forni, come dice il Ripamonti, si affaccendava a carpire quel pane che gli era dato quasi da una ventura momentanea, e la sua pressa indiscreta gareggiava con la fretta e col travaglio dei fornaj. Così quella cieca moltitudine consumava improvidamente in poco tempo, e sparnazzava in parte la scarsa e preziosa provvigione la quale però doveva servirgli per tutto l'anno. I fornaj costretti ad affacchinare e a scalmanarsi per discapitare, ponevano in opera tutte le arti per far perder tempo ai chieditori di pane, senza irritarli all'estremo, adulteravano il pane con tutte quelle sostanze, che senza troppo lasciarsi distinguere, ne accrescessero il peso, e intanto non rifinivano di domandare che la legge fosse abrogata. Ma Antonio Ferrer stava immoto a tutti i richiami, come Enea agli scongiuri di Didone.
Generalmente parlando è impresa delle più ardue quella di smuovere un uomo da una sua ipotesi: con meno fatica gli si farà rinnegare l'evidenza dei fatti, perché finalmente l'evidenza l'ha trovata; ma l'ipotesi l'ha fatta egli; e l'ha fatta non per ozio né per ispasso, ma per un gran bisogno che ne aveva, per uscire da un impaccio. Oltre questa cagione generale, si può supporre senza temerità che quell'uomo, benché dagli effetti avesse dovuto conoscere quanto il suo ordine era stato pazzo, non voleva rivocarlo egli, e perdere così tutto il favore del popolo anzi cangiarlo in furore; giacché certamente il popolo l'avrebbe creduto subornato e corrotto se avesse tolto ciò che egli aveva stabilito come giusto.
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