«Ahi! ah! canaglia. Quel temerario... Alabardieri, disperdete questi birboni».
«Indietro, indietro», gridavano gli alabardieri, sospingendo i primi, ma invano.
«Animo! animo!» gridava il capitano, «rispingeteli almeno tanto che chiudiamo le porte; da bravi! Indietro! indietro!» Gli alabardieri, uniti, fecero impeto tanto che i fornaj potessero afferrare le imposte e farle girare sui cardini, a misura che queste si racchiudevano gli alabardieri si ritiravano insieme, e gli uni e gli altri si chiusero al di dentro.
«Apri! apri!» urlava la folla al di fuori, percotendo le porte. «Via! via!» si rispondeva da quei di dentro che si tenevano calcati alle imposte per fermarle contra gli urti. Il Capitano di giustizia intanto fattosi visitare ad un alabardiere e toccato egli con la mano il luogo della percossa, fu certo che non era altro che una bernoccola, onde rincorato salì le scale, e si fece ad una finestra, dove presa una imposta di dentro, come scudo e cacciando fuori da quella il capo, e la mano per ottener silenzio: gridava a quanto fiato aveva in corpo: «Che timor di Dio è questo?»
Una vociferazione, immane, confusa, nella quale non si distinguevano altre parole che, «pane! pane! apri! apri!» copriva la voce del Capitano.
«Che dirà il re nostro signore?» gridava egli.
«Pane! pane! apri! apri!»
«Indulgenza plenaria, perdono a chi torna a casa», gridò egli di nuovo, sporgendo il capo con precauzione: ma viste più mani nella folla che si movevano a lanciargli un secondo biscottino, si ritirò. Alcuni garzoni del forno, s'avvisarono di rompere il selciato d'un cortiletto; e tolte molte pietre, salirono con quelle al piano superiore, e fattisi alle finestre, minacciarono di gettarle sugli assalitori se non si ritiravano.
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Capitano Dio Capitano
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