«Io son uomo di mondo, so come vanno queste cose, e me la batto. Questi baggiani che fanno ora tanto schiamazzo, domani staranno tutti cheti a casa loro, ognuno dirà, io non c'era, oppure: è stato il tale che mi ha strascinato: no no: largo da questi garbugli. Ho già vedute certe facce, di uomini che fanno l'indiano e notano tutti, e domani poi:... si cavano le liste, e chi è sotto è sotto».
Queste parole diedero un momento da pensare a Fermo, ma il vortice lo trasportava; e un discorso ch'egli intese subito dopo, rinnovando e riscaldando l'indegnazione ch'egli sentiva con tutti gli altri soffocò le considerazioni di prudenza che gli consigliavano di tornare indietro.
«Si sa tutto», diceva una voce più sonora dell'altra: «è scoperta la gran cabala orrenda. È il vicario di provvisione che ha mandato un gran cavaliere travestito da merciajo a parlare col re di Francia: e si sono intesi: il re ha fatto promettere al vicario uno scudo d'oro per ciascun milanese che sarebbe morto di fame; e così, quando il paese sarebbe stato vuoto, il re veniva innanzi per diventar padrone egli».
«Era ordita la trama di farci morir tutti: tanto è vero che mettevano attorno che il gran cancelliere è un vecchio rimbambito, per togliergli il credito, e comandare essi soli».
«Finora va bene, ma se avremo giudizio, bisognerà far prima la festa a tutti i forni, e poi andare dai mercanti di vino: sono tutti birboni d'un pelo, d'accordo coi fornaj per far morire la povera gente di fame e di sete».
«Ah tiranni! cani! scellerati! metterli in una stia a vivere di veccia e di loglio, come volevano trattar noi».
| |
Fermo Francia
|