Fermo si trovava in mezzo alla calca, ma questa volta strascinato e assorbito dal vortice piuttosto che venuto di sua voglia; le grida che chiedevano il sangue, i volti che ne mostravano la abbominevole sete, lo avevano riempiuto di turbamento e di orrore; egli detestava in quel momento quella che gli era paruta giustizia del popolo, la trovava più atroce della fame.
«Andiamo andiamo», diceva egli ai suoi vicini; «è una vergogna! vogliamo noi fare il boja? assassinare un cristiano? Come volete che Dio ci dia il pane a buon mercato se commettiamo di queste iniquità?».
«Ah! traditore della patria!» disse uno che era vicino a Fermo rivolgendosi a lui con un viso d'indemoniato: «aspetta, aspetta, tu sei un amico del Vicario, e dei tiranni...»
Per buona sorte in quel momento, alcuni che portavano una scala fecero impeto tra Fermo e il suo nemico, e gli disgiunsero. Fermo approfittando di quella confusione nata nella confusione si allontanò, cercando di uscire dalla folla, e di andarsene. Quegli che gli aveva fatto quel complimento non si curò di rintracciarlo, né lo avrebbe potuto. Ma un altro che si trovava accanto a lui, e che lo aveva seguito, gli disse all'orecchio: «buon giovane, state zitto, se non volete farvi ammazzare; ma aspettate quietamente, che forse potrete far del bene». Fermo gli rispose affettuosamente coll'espressione del volto, e rimase in mezzo alla calca.
Ma quegli stessi benevoli che erano venuti ad annunziare il pericolo, non avevano posto tempo in mezzo, ed erano tosto volati al castello per avvertire di ciò che accadeva, e domandare soccorso.
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Dio Fermo Vicario Fermo
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