» La carrozza s'era fermata in capo della calca, a canto ai soldati; e nella carrozza v'era di fatti quell'Antonio Ferrer gran cancelliere, che era stato una delle principali cagioni di tutto quel guasto, ma che almeno veniva per porvi qualche rimedio e si valeva della popolarità che gli avevano acquistata i suoi spropositi per minorarne i tristi effetti. Sia benedetto Antonio Ferrer! degli spropositi molta gente ne fa, ma non sono molti coloro che adoperino il vantaggio che possono averne cavato, a fare un po' di bene o ad impedire un po' di male. Antonio Ferrer metteva fuori dello sportello una faccia tutta umile, tutta benigna, tutta amorosa, una faccia che egli aveva creduto di tenere in serbo pel momento in cui si sarebbe trovato al cospetto di Don Filippo Quarto: ma fu obbligato a spenderla in questa occasione impreveduta. Cercava egli di parlare, ma i picchj, gli scalpiti, gli urli, i viva stessi che si facevano a lui soffocavano la sua voce. Andava egli dunque ajutandosi col gesto, ora avvicinando la punta delle mani alla bocca, e tenendole poi supine, per render grazie alla benevolenza pubblica, ora rivolgendole e abbassandole lentamente per richiedere (ma con un garbo ineffabile) un po' di silenzio e di tranquillità; ora allargandole dinanzi a sè, per domandare se fosse possibile un po' di passaggio, accennando nello stesso tempo col volto ch'egli veniva per far cosa grata a quelli a cui domandava il passaggio.
«Viva Ferrer! l'amico della povera gente! non abbia paura, ella è un galantuomo!
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