Ripetevano e spargevano le parole del gran cancelliere, vi aggiungevano i commenti e le interpretazioni che erano più accomodate alle idee ed alle passioni della moltitudine, gridavano quelle parole che potevano diventare un grido universale, e comandare le azioni: lodavano, e dirigevano quegli che erano già inclinati alla moderazione, ammonivano con dolcezza gli ostinati, o gli svergognavano anche minacciosamente dove gli ostinati erano in minor numero, e la forza e il favore erano per la moderazione. I loro sforzi non furono inutili, e poco a poco apparve manifestamente che la moderazione aveva il maggior numero di partigiani.
«Giustizia», e «Ferrer!» erano le due parole che più risuonavano tra il clamore vario e indisciplinato.
Alcuni tra i guastatori avevano già deposti gli stromenti di distruzione, e ristavano dall'impresa. «State quieti! aspettate! viene Ferrer a metterlo in prigione», si gridava da mille parti a quegli che proseguivano a dar colpi alla porta e al muro. Alcuni aggiungendo i fatti al consiglio, cercavano di toglier loro di mano le leve e i martelli, e le travi: quindi una lotta tra gli uni e gli altri che ritardò la presa della fortezza, e diede tempo al soccorso di arrivare.
Ferrer si volse al cocchiere e gli disse in fretta, sotto voce ma distintamente:...
Poi continuando a rivolgersi al popolo: «Signori», diceva: «un poco di passaggio, vedo... capisco... sono angustiati... in cortesia... sì signori... pane, abbondanza... in prigione, lo condurrò io, in castello.
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Ferrer
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