«Guardate un po', come stanno le cose là fuori», disse egli allora ad un servo: si tolsero i puntelli, si separarono un po' le imposte, e un servo, facendo capolino, disse a quelli che facevano guardia al di fuori: «Siamo a tempo?...» «Sì, sì, ma tosto, tosto», risposero quelli: il varco fu aggrandito, e Ferrer uscì col Vicario, dicendo: «Qui sta il busillis: Dio ci ajuti».
Quei della guardia, colle mani, colle cappe, coi cappelli, fecero come un velo, una rete, una nuvola, per togliere il Vicario alla vista della moltitudine: il Vicario entrò, Ferrer gli tenne dietro, lo sportello fu chiuso; la moltitudine seppe, indovinò quello che era accaduto, e sollevò un grido confuso di viva e d'imprecazioni.
In tutto questo frattempo una parte di quelli che volevano salvo il Vicario, s'era impiegata a preparare un po' di via alla carrozza facendo ritirare la moltitudine: il cocchiere stava pronto, e si mosse cautamente però, tosto che sentì chiudere lo sportello, e dirsi: «Andiamo».
Ferrer voleva raccomandare al Vicario di tenersi rincantucciato nel fondo della carrozza, ma vide che il suo consiglio era stato prevenuto: egli si affacciava ora a destra ora a sinistra, rispondendo alle mille grida, e di tempo in tempo passando colla faccia accanto all'orecchio del Vicario gli diceva qualche parolina che doveva essere intesa da lui solo.
«Sì sì, lo prometto, in castello, in prigione! un esempio, una giustizia esemplare. Tutto questo per bene di Vossignoria. No no, non iscapperà, è in mano mia, si farà un buon processo, un processo severo, e se è reo.
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