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      Fermo, dopo avere finché potè, seguita la carrozza che aveva salvato il Vicario dal furore del popolo e lo conduceva legalmente in prigione, si fermò a riaversi un poco, a ricapitolare, a riconoscere i suoi pensieri, che erano tutti esultanti. Quel disgusto che gli avevano recato le grida del sangue e i preparativi della carnificina, aveva dato luogo alla gioja di vedere la giustizia, e l'umanità vittoriose, il delitto punito senza delitti, e la dignità del magistrato, il potere legale unito col voto pubblico, e divenuto suo amico, e suo ministro.
      Fermo vedeva aprirsi il secolo dell'oro, e durava fatica a rinvenire dallo stupore di una tanta mutazione, avvenuta negli affari del mondo, e nei suoi, come egli credeva. Ieri sera fuggitivo a cercare un nascondiglio, perché? perché aveva ragione; senza forza, senza altro soccorso che di consigli, di consolazioni, e di buona volontà: oggi in mezzo ad una moltitudine di uomini che parlavano come lui, e parlavano alto, e soli, oggi egli aveva esercitato con gli altri la giustizia e la clemenza, aveva cooperato a far punire un colpevole potente, a salvarlo da una pena ingiusta e crudele, aveva gridato tutto il giorno, aveva detto sempre il suo parere, e se pure aveva trovato contraddizione, alla fine il suo voto aveva trionfato. Pieno di entusiasmo pel passato, e di più grandi speranze, egli si mischiò ad uno di quei crocchj, e dopo essere stato uditore per qualche momento, si fece interlocutore, e poco stante divenne predicatore.
      «Signori miei cari», diss'egli perché al forese sono signori tutti i cittadini che non domandano l'elemosina.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Vicario