Non sono poi un ragazzo. Vediamo se saprò trovare un'osteria.
Così pensando Fermo andava innanzi lentamente guardando in su a destra e a sinistra per iscoprire qualche insegna, qualche frasca spenzolata che indicasse l'ospitalità venale di cui egli aveva bisogno.
Ma quando Fermo si era mosso, si era pur mosso su la sua traccia un uomo che aveva intesa la sua predica, e da poi gli era sempre stato a canto in modo da osservarlo senza esserne osservato: questi appena Fermo ebbe dati venti passi cogli occhi in aria, gli si accostò, si fermò a considerarlo un momento come se lo vedesse in quel punto per la prima volta, e gli disse: «Buon giovane, voi mi sembrate forese: avete bisogno di qualche cosa, posso servirvi?»
«Oh! che brav'uomo», rispose Fermo: «appunto ho bisogno di trovare un'osteria per bere un tratto, e per dormire questa notte».
«Ve ne insegnerò io una a proposito, e v'accompagnerò», disse lo sconosciuto.
«Vi sarò bene obbligato», replicò Fermo: «ma mi spiace del vostro...»
«Eh! burlate», disse l'altro: «si può fare meno? Una mano lava l'altra, è un proverbio che l'avrete anche nel vostro paese: quale è il vostro paese? non per cercare i fatti vostri, ma perché mi parete stanco, e dovete aver fatto viaggio assai».
«Sono infino, infino da Lecco», rispose Fermo.
«Per bacco! venite ben da lontano, povero giovane», disse la guida; «ma l'osteria è vicina, e potrete riposarvici a momenti. Siete fortunato, non dico per farmi valere, ma siete fortunato d'essere incappato in un galantuomo che vi condurrà bene».
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