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      «Avete del vino sincero, sano, fatto in coscienza?» disse Fermo.
      «Quanto a questo», rispose l'oste: «potete star sicuro: non ne ho mai tenuto altro: ne ho del più e del meno caro; ma per la sincerità, tutto il mio vino è lo stesso: se venisse un ragazzo lo tratterei come tratto voi». Così disse l'oste; e aggiunse fra sè: - ho inteso: tu sei lepre; va che sei caduto in buone mani -.
      «Dunque portate del buono», disse Fermo: l'oste partì, e un momento dopo tornò con un boccale.
      «Che vogliono da mangiare questi signori?» diss'egli, riponendo il boccale sur una tavola.
      «Che cosa avete?»
      «Per esempio un buon pezzo di stufato?»
      «Portate lo stufato», disse Fermo.
      «Ma!» disse l'oste già in atto di partire, e sostando, «pane non ne ho in questa giornata».
      «Eh! al pane ha pensato la Provvidenza», disse Fermo; e in aria di trionfo si cavò di tasca il terzo ed ultimo di quei pani raccolti sotto la croce di San Dionigi.
      «Va bene», disse l'oste, e partì. Fermo allora, preso per un braccio lo sconosciuto guidatore, gli fece forza perché sedesse, e bevesse con lui. Poco stante l'oste portò da mangiare; e Fermo astrinse il guidatore a fargli compagnia, e si pose a mangiare con un appetito, che si fece sentire molto grande quando la prima sete fu ammorzata.
      A tutte quelle tavole si gridava: quindi la conversazione era divenuta come generale: perché molti discorsi, facendosi sentire dall'una tavola all'altra, provocavano risposte, le quali facevano poi nascere dei dialoghi continuati. Come poi il soggetto di tutti quei colloquj separati era un solo, le vicende di quel giorno, così in poco tempo anche il colloquio divenne comune a tutti quelli che ivi si trovavano riuniti a caso.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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