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      «Questa è bella», interruppe Fermo: «ecco se non è per sapere i negozj degli altri. Vengo per un negozio briccone, senza mia volontà, vengo per un negozio che a raccontarlo ci vorrebbe una sera; ma colui che mi ha fatto venire, si è tessuto il capestro, e presto presto desidererà di non essersi mai impacciato nei fatti miei».
      «Onde, non per mia curiosità, ma per cagione della grida», continuava l'oste; ma Fermo l'interruppe ancora dicendo:
      «Questa è una grida che non conta, perché non è mica buona, è fatta contra la povera gente, per sapere i fatti dei galantuomini, ed è una di quelle che s'hanno a disfare: dunque non ne parliamo più, e vi assolvo io. Riempitemi invece un'altra volta questo boccale, che il vino lo trovo a mio genio, e lo riconosco per galantuomo senza domandargli il nome».
      «Ma io sono obbligato...» ricominciò l'oste, dando allo sconosciuto un'occhiata che voleva dire: - siatemi testimonio ch'io faccio il mio dovere.
      «Via, via», gridarono in un punto molte voci: «quel giovane ha ragione: sono tutti balzelli, angherie, legge nuova, legge nuova oggi!»
      L'oste si strinse nelle spalle, e guardò ancora allo sconosciuto, il quale disse pure: «via non vedete che è un galantuomo? andate a preparargli la stanza».
      «Bravo compagno! bravi amici!» sclamò Fermo, «adesso vedo proprio che i galantuomini si danno la mano e si sostengono». Partito l'oste, si parlò della grida e delle gride, e poi ancora del pane e dei tiranni. Lo sconosciuto che fino allora non aveva presa gran parte alla conversazione, uscì in campo anch'egli con le sue riflessioni, e con le sue proposte.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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