Fermo intanto si andava spogliando, e interrompeva questa operazione con mille ciancie, e con mille atti strani, che l'oste sofferiva pazientemente per una buona ragione. Quando Fermo s'ebbe tratto il farsetto, l'oste lo prese, pose le mani su le tasche per vedere se v'era la postema, e fatto certo del sì, volle tentare di avere il suo conto prima di abbandonar Fermo quella sera, prevedendo che l'indomani probabilmente Fermo avrebbe avuti altri affari, e la postema sarebbe stata in deposito presso a gente che non si sarebbe data premura di pagar l'oste. Disse dunque, tenendo il farsetto: «Voi siete un buon figliuolo, n'è vero? volete le cose giuste?»
«Buon figliuolo...» rispose Fermo. «Dunque», replicò l'oste, «saldate ora il vostro conterello, perché domattina, io debbo correre qua e là per mie faccende». «Oh! questo sì», disse Fermo, «questo è giusto: son mariuolo, ma galantuomo». L'oste si diede fretta di domandare quello che gli veniva, ajutò Fermo a cavare i danari dalla tasca, a noverarli, tolse il suo pagamento, e dato delle mani a Fermo per ajutarlo a salire sul letto, gli disse, «buona notte». Fermo si lasciò cadere sul letto, mormorò fra i denti: «buoni figliuoli», e cominciò a russare.
L'oste, stirata la coltre di sotto il corpo di Fermo, gliela accomodò indosso alla meglio; quindi, ripresa la lucerna con la sinistra, gliela sollevò sul capo, e stesa la destra contra il lucignolo perché la luce cadesse sul dormente, si fermò a contemplarlo un momento, nell'atto che vediamo dipinta Psiche quando sorge a spiare furtivamente le forme del consorte sconosciuto: e disse: «Matto minchione! tu l'hai voluto: sei andato proprio a cercarla col lanternino; tal sia di te».
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Fermo Fermo Fermo Fermo Fermo Fermo Fermo Fermo Psiche
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