Aperse gli occhj a stento, e guatò: era giorno fatto e la luce che entrava per le impannate fece vedere a Fermo un uomo ravvolto in una cappa nera stargli al capezzale da un lato, e due in farsetto armati, l'uno dall'altro lato del capezzale, e l'altro a piedi del letto. Mentre Fermo andava raccapezzando le sue idee, e cercando di ricordarsi delle circostanze che gli pareva di dover sapere, per potere comprendere quelle che gli erano affatto nuove e strane, s'udì dire dall'uomo della cappa nera: «alto, su, Fermo Spolino, alzatevi e venite con noi».
«Che vuol dir questo?» disse Fermo quando potè aver la favella, e nello stesso tempo dubitando che fosse un sogno, scuoteva la testa e dimenava tutte le membra per destarsi affatto.
«Ah! avete inteso una volta, Fermo Spolino?», disse l'uomo dalla cappa nera, «alzatevi, e venite con noi, che non abbiam tempo da perdere».
«Fermo Spolino!» disse Fermo Spolino. «Chi v'ha detto il mio nome?» - Che sia uno stregone costui vestito di nero? - mormorò tra sè; «Ehi! l'oste, l'oste!» gridò quindi a quanto fiato aveva in corpo.
«Meno ciarle, e su!» disse uno di quei birri.
«Che prepotenza è questa?» disse Fermo, «ah! adesso mi ricordo... badate bene a quello che fate: non è più come una volta...»
«Badate voi, a far presto», disse il notajo, «se non volete esser portato via in camicia».
«E perché mò?» disse Fermo.
«Il perché lo direte al Signor Capitano di giustizia».
«Io sono un buon figliuolo, non ho fatto niente...»
«Tanto meglio per voi; così dopo due parole vi lasceranno andare pei fatti vostri».
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