La sua gran voglia di comandare, ristretta in questo picciol campo vi si esercitava con una energia singolare. Donna Prassede profondeva pareri e correzioni a quelli che volevano, e ancor più a quelli che dovevano sentirla: e per quanto dipendeva da lei non avrebbe lasciato deviar nessuno d'un punto dalla via retta. Perché, a dire il vero, questa smania di dominio non nasceva in lei da alcuna vista interessata; era puro desiderio del bene; ma il bene ella lo intendeva a suo modo, lo discerneva istantaneamente in qualunque alternativa, in qualunque complicazione di casi le si fosse affacciata da esaminare: e quando una volta aveva veduto e detto che quello era il bene, non era possibile ch'ella cangiasse di parere; e per farlo riuscire predicava ed operava fintanto che avesse ottenuto l'intento, o la cosa fosse divenuta impossibile: nel qual caso non lasciava di predicare per convincere tutti che avrebbe dovuto riuscire.
Sotto due padroni così diversi di inclinazioni e di occupazioni, la famiglia era come divisa in due classi; anzi in due partiti, ognuno dei quali aveva nella famiglia stessa un capo; le due persone cioè che erano più innanzi nella confidenza dell'uno e dell'altro padrone. Prospero il maggiordomo di casa, e il favorito di Don Ferrante, faceto e rispettoso, disinvolto e composto, dotto a tutto fare e a tutto soffrire, abile a trattare gli affari, e a parlarne senza mai proferire le parole che potevano far sentire gl'impicci, o offendere la dignità del padrone, sapeva suggerir a proposito un invito da fare onore alla casa, trovare un cammeo prezioso, un quadro raro, ogni volta che una rata di pagamento stava per entrare nella cassa di Don Ferrante, e sapeva trovare un prestatore ogni volta che la cassa era asciutta.
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