Dovette egli dunque contentarsi di chiedere schiarimenti ad Agnese. La buona donna trovò il mezzo di fargli avere per mezzo d'un mercante quei cento scudi che Lucia aveva destinati a lui, ed una lettera, nella quale v'era l'intenzione di metterlo al fatto di tutto l'accaduto. Ma questa lettera non isgombrò le inquietudini, e le ansietà di Fermo; anzi i cento scudi le accrebbero: - giacché -, pensava egli, - ora che Lucia per una ventura inaspettata possiede tanto che basta perché noi possiamo viver qui marito e moglie, perché non viene ella, e mi manda invece questi denari, come un dono, come una elemosina, come... (e qui Fermo si sentiva scoppiare)... come un congedo? Voglio io denari da lei? E se ella non è mia, pensa ch'io possa da lei ricevere qualche cosa? - Per quanto Agnese avesse cercato di fargli scriver chiaro che Lucia dallo spavento in poi si trovava quale egli l'aveva lasciata, Fermo alla vista di quei denari, e dati a quel modo, era assalito da mille dubbi torbidi e strani. Le lettere che egli faceva scrivere a Lucia, cadevano tutte in mano di Donna Prassede, la quale certo non le consegnava a cui erano indiritte, ma pel meglio, le leggeva, e si regolava su le notizie che ne ricavava. Fermo sempre più inquieto chiedeva ad Agnese la spiegazione di quei dubbii e del silenzio di Lucia. Quand'anche Agnese avesse saputo scrivere non avrebbe potuto soddisfare il poveretto, perché la cagione del silenzio le era ignota, ed essa pure non capiva bene il contegno di Lucia con Fermo.
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