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      Se la infame passione di Don Rodrigo non fosse venuta a turbare i placidi destini di Fermo e di Lucia, essi dopo d'aver passato un anno d'inopia, contra la quale chi sa se le loro facoltà avrebbero bastato, si sarebbero ora trovati, probabilmente con un bambinello, esposti nel loro paese a quella orrenda furia militare, costretti a fuggire; e quando avessero schivati tutti i pericoli della persona, tornando poi a casa non v'avrebbero trovate che le muraglie e quelle mezzo diroccate, e i segni perversi e luridi del sozzo torrente che v'era passato. Questi guaj sembrano ora leggieri al paragone di ciò che Lucia e Fermo hanno sofferto in quella vece; ma allora non v'essendo il paragone, e non potendo essi nemmen per sogno immaginare come possibili tutte le traversie che abbiamo narrate, quel minor male sarebbe ad essi paruto il colmo della infelicità. Comunque sia, in mezzo a tanti mali fu una ventura per entrambi l'esser lontani da casa loro in quel brutto momento.
      E Agnese? Agnese si trovava mò proprio nell'intrigo. «Vengono; hanno saccheggiata Cortenova, hanno dato il fuoco a Primaluna, disertato Introbbio, Pasturo, Barzio, si sono veduti a Ballabio, son qui, son qui»; così la fama andava di momento in momento crescendo e avvicinando il terrore. Alcuni di quei poveri valligiani, che invece di rintanarsi sui monti dove forse non sarebbero stati sicuri, avevano stimata miglior via di fuga, precorrere il nemico, giungevano ansanti, spaventati, in disordine, come reliquie d'un esercito disfatto e inseguito, e raccontavano cose orribili della crudeltà dei soldati, principalmente contra coloro che fossero o paressero opulenti.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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