Aspettate... ma no no, peggio: sono la metà Luterani! misericordia!»
Don Abbondio rispondeva così ad una proposizione che s'era fatta e che alla prima gli era paruta un bel trovato per preservare la casa. Voleva staccare dalla chiesa il quadro del Santo protettore, e affiggerlo al di fuori su la porta, per indicare che la casa era sacra, e per fare in modo che non potesse essere intaccata che per mezzo d'una profanazione: ma s'avvide tosto che quel mezzo di difesa, molto debole per sè contra soldati avidi di rapina, poteva in questo caso divenire una provocazione a far peggio: giacché fra quei soldati v'era di molti ai quali uno sberleffo fatto coll'alabarda all'immagine d'un Santo sarebbe sembrato un'opera meritoria, una espiazione anticipata del saccheggio.
Data una occhiata lacrimosa alla casa, Don Abbondio s'incamminò colle due vecchie amazoni, e per tutta la via non fece altro che sospirare, lagnarsi dell'abbandono in cui l'avevano lasciato i suoi parrocchiani, domandare a Perpetua dove avesse riposta la tal cosa e la tal altra, e se credeva che non le avrebbero trovate: enumerare tutte le ragioni per le quali il Conte sarebbe stato peggiore d'un cane se gli avesse fatto male, e divisare dove si sarebbe potuto cercare un asilo se quello a cui si andava fosse stato mal sicuro.
Giunti presso al castello videro un gran movimento, gente che andava, gente che veniva, uomini in arme appostati, altri che giravano in ronda a tre a quattro, tanto che Don Abbondio cominciò a scrollare il capo e a dire: «Che è questa faccenda?
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