Sull'altro confine era raccolta una forza dei Veneziani, la quale sotto il comando di Marco Giustiniani, provveditore all'armi in Bergamo era destinata a costeggiare l'esercito alemanno per tutto quel tratto del suo passaggio che toccasse i confini della Repubblica; e a questa forza avevano dato nome di Squadrone volante. Alla presenza di questi che certo non erano amici, e che vedendo un bel tratto, potevano far da nemici, bisognava camminare con giudizio; e questa fu principalmente la cagione per cui il castello non fu molestato.
Ma anche questa che in fatto era salute, fu pel volgo inerme che vi era ricoverato, e per Don Abbondio principalmente un aumento d'inquietudine. Poiché, se il confine veneto fosse stato sguernito, Don Abbondio certamente l'avrebbe varcato, e sarebbe andato innanzi fino a che non avesse più inteso parlare di lanzichenecchi. Ma ora il poveretto non aveva più rifugio: l'accesso ai monti, oltre la fatica, era pieno di pericoli, pei predoni che potevano trovarsi su la via: e attraversare lo Squadrone volante sarebbe stato lo stesso che correre in bocca al lupo: giacché quella era una marmaglia ragunaticcia d'uomini tagliati a un dipresso alla misura dei lanzichenecchi; e nel paese che le era dato a proteggere faceva il peggio che poteva.
Ognuno può immaginarsi come il povero Don Abbondio passasse quei quindici giorni. Stavasi colle donne coi vecchj e coi fanciulli nel luogo più riposto del castello: di tempo in tempo la paura lo cacciava fuori a domandar novelle, e rare erano quelle che non accrescessero lo spavento.
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