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      Il primo, quasi ottuagenario, era uno dei pochi testimonj viventi della peste di San Carlo; né testimonio puramente passivo; ma, fisico fin d'allora molto riputato, benché giovanissimo, ne era stato uno dei più affaccendati e intrepidi curatori. Questi, che stava all'erta, e richiedeva avvisi dalle terre che l'esercito aveva toccate, ebbe in fatti i primi della mortalità; e fu il primo a riferire nel tribunale che la peste s'era manifestata nel territorio di Lecco. Sopraggiunsero poi altri avvisi: il tribunale spedì un commissario perché osservasse e facesse relazione: questi in compagnia d'un medico di Como, visitò alcuni dei luoghi indicati; raccolse informazioni superficiali e contradditorie; credette a quelle che attribuivano la mortalità ad un solito effetto dell'autunno in quei luoghi, e rassicurò il tribunale. Ma ecco giungere avvisi da altri luoghi al tribunale, il quale finalmente delegò due commissarj ad una visita generale dei paesi sospetti; Alessandro Tadino, e Giovanni Visconti Auditore. Quando questi arrivarono, il male s'era già tanto dilatato, che le prove si offerivano senza ch'essi le andassero cercando. Trovarono le ville, quale sbarrata per timore del contagio vicino, quale mezzo abbandonata; famiglie accampate o disperse, già piangenti la morte di qualche congiunto, e tremanti per la propria salute: s'inchiesero del numero dei morti, ed era terribile; visitarono gl'infermi e i cadaveri, e rinvennero i segni che tremavano di rinvenire: assunsero informazioni, riseppero che ivi più presto s'era manifestato il male, dove i soldati avevano stanziato più a lungo, o in più gran numero; che i primi percossi erano stati quelli che avevano spogliati i morti per appropriarsi le vestimenta, o che avevan comperata dai rimasti indietro qualche roba tolta ai loro paesani, o che in qualunque modo avevano avuto contatto con quegli ospiti.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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