Riscrissero quindi al tribunale che i sospetti erano divenuti una dolorosa certezza; e nello stesso tempo diedero quegli ordini che seppero per curare gl'infermi, e preservare i non tocchi, facendo tagliare strade, rinchiudere altri nelle case, altri attendare alla campagna, fissando provvigioni ad un paese, lasciando istruzioni in un altro, piantando in un altro la forca pei disobbedienti; il tutto in fretta e in furia come si poteva in quei tempi, in quelle circostanze, da quegli uomini sopra quegli uomini. La nuova si diffuse tosto nella città, e vi fu accolta con beffe incredule, e con disprezzo iracondo, e dal popolo e dalla maggior parte di coloro che avrebbero potuto e dovuto dare provvedimenti in tanto pericolo. Bisogna però eccettuare espressamente il cardinal Federigo, il quale ai primi romori di peste, prescrisse al clero regolamenti di preservazione, e di carità, e ingiunse ai parrochi specialmente che ammonissero i fedeli del grave peccato che avrebbe commesso chi per tema di danno o d'incomodo occultasse il suo o l'altrui morbo contagioso, o per insensata avarizia trafugasse vestimenta o cose di qualunque genere infette o sospette.
CAPITOLO III
Il giorno 22 d'ottobre di quell'anno 1629, Pietro Antonio Lovato, fante in un reggimento italiano alloggiato nel territorio di Lecco, entrò in Milano, carico di vesti rubate o comperate dai soldati alemanni; e andò a porsi in una casa di suoi parenti nel borgo di Porta Orientale. Appena giunto s'ammalò; fu portato allo spedale: e morì nel quarto giorno.
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Federigo Pietro Antonio Lovato Lecco Milano Porta Orientale
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