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      Il povero vecchio, e un suo figliuolo guarirono: la moglie, un altro figliuolo, e sette persone di servizio morirono di peste.
      A malgrado d'una sì terribile evidenza, v'era ancora alcuni ostinati: per far capaci anche costoro, il tribunale della Sanità ricorse ad uno strano espediente, usò un linguaggio tipico, adattato veramente all'intelletto di chi doveva esser persuaso e di chi voleva persuadere, degno insomma dei tempi. Era morta di peste una famiglia intera: la Sanità diede ordine che un giorno festivo in cui il popolo era solito concorrere alla chiesa di San Gregorio posta dietro il lazzeretto, tutti quei morti vi fossero trasportati sovra un carro, ignudi. La lurida pompa attraversò la folla; alcuni torcevano con orrore e con fastidio gli sguardi, altri accorrevano a guatare con ansiosa curiosità; e questi videro su quei cadaveri i lividori, e i buboni pestilenti, comune cagione ad una famiglia di quelle comuni esequie. Non restò finalmente chi dubitasse che il male era contagioso.
      Ma il ricredersi fu più fanatico, più funesto che non era stata l'ostinazione: da una verità riconosciuta cominciò un periodo di demenza e di atrocità publica, non inaudito certamente nella storia dei traviamenti umani, ma per durata e per casi, notabile e spaventoso.
      Riconosciuta una volta l'esistenza del contagio in Lombardia, non pare che si dovesse scrutiniar molto, andar molto lontano a cercarne la causa: ell'era in pronto, immediata, naturale, manifesta; la calata delle truppe alemanne.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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