Ma non fu così. Quegli uomini avevano disputato, riso, e sbuffato per sei mesi; non avevano mai voluto ammettere, né sofferire che altri supponesse relazione tra la venuta dell'esercito, e il nuovo malore che regnava in Lombardia: confessare ora finalmente questa relazione, sarebbe stato un confessare d'essere stati bestialmente ostinati e ciechi. Non vollero quindi né ricordarsi, né parlare, né udir parlare di quella circostanza; e rifiutando la causa naturale, ne immaginarono, come suole avvenire, una stravagante, una che sarebbe ridicola, se quella immaginazione non avesse avute conseguenze, che udite o lette, rendono altrui ritroso al riso, per qualche tempo ancora da poi che il racconto è cessato. S'immaginarono che la peste fosse disseminata con unguenti, non so, né essi pur sapevano quali, da uomini perversi, collegati sotto qualche capo potente e nascosto, e tutti in società di patti col demonio. A diffondere questa insana credenza contribuiva la disposizione universale a supporre cause soprannaturali, che ammesse una volta spiegano tutto senza difficoltà, stornando gli ingegni dall'esame delle cose e delle relazioni reali, il quale fa nascere dubbj spinosi da ogni parte. E fra queste cause soprannaturali una che più facilmente si ammetteva era l'intervenzione del demonio: ogni fenomeno che uscisse dalla sfera angusta delle cognizioni, e della esperienza comune, era opera del demonio, non solo nel male, ma nelle cose innocue, ma nelle pregevoli, ma nelle buone: del che rimane tuttavia un vestigio in più d'un dialetto e d'una lingua che, per dinotare un uomo di abilità straordinaria in qualunque genere, hanno tuttavia questa formola: egli è un diavolo; ha il diavolo addosso. Contribuiva l'opinione universale, congenere a questa che abbiam detta, sulla esistenza, sulla frequenza delle streghe e degli stregoni: opinione che applicata poi a tanti infelici, faceva nascere dei sospetti che nella persuasione divenivano fatti, e davano così alla opinione stessa la forza e l'autorità della esperienza.
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Lombardia
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