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      Ma quello che fissò ad un punto d'errore questa vagabonda ed inquieta credulità, fu una lettera sottoscritta dal re Don Filippo Quarto, spedita fino dall'anno antecedente al Marchese Ambrogio Spinola, nome ancor celebre per le spedizioni di Fiandra, che era stato surrogato al Cordova nel governo di Milano. In quella lettera si dava avviso al governatore che quattro Francesi sorpresi nell'atto di spargere unguenti pestiferi nella Corte di Madrid, erano sfuggiti, né dove si sapeva: dovesse egli quindi stare all'erta se mai fossero capitati a Milano.
      Al primo divolgarsi di quell'avviso non vi si badò più che tanto: ma il contagio che nelle credule menti, era stato associato alla idea di quelle unzioni come un effetto di esse, comparendo ora realmente, risvegliò tosto la ricordanza della sua immaginata cagione; l'idea di unzioni venefiche, che era rimasta infeconda, mise radici, si svolse, fruttificò, come un germe maligno profondamente sepolto, se il vomero lo solleva, e lo appressa alla superficie del terreno. Unguenti, polveri, comete, malie, trame, congressi, demonio, erano le parole che tornavano in tutti i discorsi. Si venne tosto a sapere che il demonio aveva pigliata a pigione una casa in Milano; si disegnava il quartiere, si ripeteva il nome del locatore. Che più? Un uomo e si diceva chi, fermatosi un giorno su la piazza del duomo aveva veduto giungere in carrozza a tiro sei con gran corteggio un gran signore col volto fosco ed abbronzato, cogli occhi infiammati, coi capegli ritti, col labro superiore teso alla minaccia, un viso insomma di quei che il buon milanese non aveva mai veduti.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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