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      E, cosa singolare! tutti quegli scrittori, meno il Ripamonti, insorgono contra quei pochi increduli; di modo che se noi posteri sappiamo che alcuni uomini furono esenti da un funesto errore comune, lo sappiamo soltanto per l'accusa di cecità e di stranezza che gli scrittori credettero di portare contro di quelli al nostro riverito tribunale.
      Un'altra ragione, e savia davvero, allegava il buon vescovo: che un pericolo ben più certo, e ben più funesto sarebbe la frequenza, l'addensamento, e la mistura di tante persone: e che era troppo da temersi che un mezzo cercato per ottenere la liberazione della peste, ne divenisse un terribile propagatore. Ma le insistenze, le importunità furono tali ch'egli acconsentì. Su di che noi non osiamo né assolvere, né censurare la sua memoria: perché non possiamo sapere quali sarebbero state le conseguenze d'una ripulsa diffinitiva. Quegli uomini avrebbero potuto fare a furore la loro processione senz'altro permesso; e farla meno ordinata e di più funesto effetto, avrebber potuto fare Dio sa che. A chi volesse giudicare a rigore il nostro Federigo, noi non auguriamo di aver mai a competere con un qualche migliajo di furiosi ostinati.
      Tre giorni furono spesi in preparamenti: si ornarono in fretta le vie per cui doveva passare la processione: i ricchi cavarono fuori le più preziose suppellettili; le fronti delle case povere furono addobbate dai vicini doviziosi, o per cura del publico. Il tribunale della sanità bandì che nessuna persona di terra sospetta potesse entrare quel giorno in Milano; anzi per accertare l'esecuzione del bando, fece chiudere le porte della città. E parimenti, perché nessuno dei cittadini infetti o sospetti potesse in quel giorno uscire e mischiarsi alla folla, fece inchiodare le porte delle case già sequestrate.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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