La processione tornò al duomo dopo un giro di dodici ore. L'arca rimase esposta sull'altare maggiore del duomo per otto giorni.
Il tristo presagio del Cardinal Federigo non tardò ad avverarsi. Prima della processione le case chiuse erano intorno a cinquecento; pochi giorni dopo, si notavano quelle dove il contagio non fosse entrato. V'era due mille persone nel lazzeretto; in breve crebbero a dodici mila: non bastando le stanze e i portici, furono in fretta, costruite capanne di legno nel vasto ricinto: né quelle pure bastando furono eretti tre altri lazzeretti in diversi punti fuora delle mura della città. La mortalità comune che era prima di cento trenta persone alla giornata, per rapidi salti venne a mille ottocento. Due fosse erano state scavate pei cadaveri, ampie, si diceva, enormi, quasi per lusso di previdenza; sperando che in giorni non lontani, lieti per un gran timore cessato, quella stessa terra, che ne era stata cavata servirebbe in gran parte a ricolmarle: ma i cadaveri deposti, poi ammucchiati, poi gettati a fascio, venivano rapidamente adeguandosi al terreno: convenne scavarne cinque altre.
La cagione d'un così subito e portentoso aumento del male fu data a voce di popolo agli untori: si disse con asseveranza, e si ripetè con furore, che quegli uomini congiurati allo sterminio della città, prendendo il destro della processione, che l'aveva posta tutta unita per così dire in loro balìa, avevano unti in quel giorno quanti avevano potuto, e sparso tutto il cammino di polveri venefiche, per le quali il contagio s'era appiccato alle vesti, ai piedi scalzi, anche alle scarpe dei divoti e inavvertiti pellegrinanti.
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Cardinal Federigo
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