Erano i mucchj di vesti infette, di cenci, di letti, di spazzature d'ogni sorta che si facevano portare al bastione, e quivi abbruciare. Tale era il fastidio che quella nebbia diffondeva nell'aria, che Fermo, benché avvezzo a sensazioni di quel genere si turò le nari, con ribrezzo; ma ben tosto ritirò la mano, pensando che all'entrare e all'avanzarsi nella città, non solo il lezzo, ma ogni sorta di fastidio l'avrebbe assalito da tutte le parti, e che bisognava risolversi ad affrontarlo, non pensare a ripararsene. Fuori della porta era una capannuccia di legno, stazione delle guardie e d'un deputato che doveva guardare a chi entrava ed usciva, richiedere le bollette, escludere i sospetti. Ma in quella comune disperazione ogni disciplina era dismessa; il deputato a quella porta era caduto di peste il giorno antecedente, le poche guardie stavano nella capanna, badando più a tener lontani i passeggieri dalle loro persone che ad esaminarli. Dinanzi alla porta era un cancello, ma spalancato, e Fermo vi passò senza che alcuno lo chiedesse di nulla. Procedendo per quel primo spazio della città tra i bastioni, e il canale chiamato naviglio, spazio occupato da orti (o se volete da ortali, che sarà più vicino al proprio vocabolo municipale, ortaglie) con entrovi sparso qualche convento, e qualche casipola, nulla vide Fermo per qualche tempo che desse indizio esser quello un luogo abitato da uomini. Il primo indizio di persona viva gli venne, mentre egli passava tutto costernato per quella stradaccia che dal Ponte di Santa Teresa, correndo tra il naviglio, e alcune casuccie, va alla piazza di San Marco.
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Fermo Fermo Fermo Ponte Santa Teresa San Marco
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