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      Un gemito che si sforzava d'essere una chiamata uscì d'una di quelle case; Fermo alzò gli occhj, e vide un tapino alla finestra che scuoteva una funicella alla quale era appeso un sacchetto che scendeva presso al pavimento della strada. Fermo si fece vicino, e udì una voce fioca: «carità ai poveri sospetti». Cavò egli una moneta, e la ripose nel sacchetto; ma colui invece di tirar la fune a sè, disse con un tuono misto di supplica e d'impazienza: «un po' di pane: ci hanno chiusi in casa come sospetti, e ci hanno dimenticati; e moriamo di fame». Fermo aveva ancora uno dei pani di Agnese: lo cavò tosto, e lo legò alla fune. Il rinchiuso, benedicendolo, la trasse in fretta, e Fermo lo vide afferrare quel pane, con ambe le mani, porselo a bocca, e addentarlo avidamente. Dopo due passi udì un romore confuso che si avvicinava, e cominciò a distinguere un cigolar di ruote, un calpestio di cavalli, uno squillare di cento campanelli, un baccano di grida; guatò dinanzi a sè, ed ecco in capo alla strada dov'egli camminava spuntare due uomini a piede (eran chiamati apparitori) che con le mani alzate accennavano, e ad alta voce gridavano ai passeggeri di ritirarsi. Dietro a questi vide comparire cavalli che allungando la cervice, e puntando le zampe, avanzavano a stento; e ad ogni passo le campanelle che essi avevano appese intorno alle teste e ai colli, mandavano un tintinnio acuto e assordante: e a fianco dei cavalli, vide monatti in lacere divise rosse, essi pure con le campanelle ai piedi, che a forza di punte e di flagelli e di bestemmie li forzavano a camminare, a proseguire la corsa ritardata dal peso crescente dei cadaveri che raccolti sul passaggio erano gettati sui carri.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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