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      Ahi! e forse la madre, che essi credevano d'aver lasciata addormentata sul suo letto, vi s'era gittata oppressa tutt'ad un tratto dal morbo, priva di senso, per esser portata sur un carro al lazzeretto, o alla fossa, se il carro giungeva più tardi. Talvolta, oh sciagura degna di lagrime ancor più amare! la madre tutta occupata dei suoi patimenti, si stava dimentica d'ogni cosa, anche dei figli, e non aveva più che un amore: di morire in riposo. Pure in tanta confusione si vedeva ancora qualche esempio di costanza; e di pietà: parenti, fratelli, figli, consorti che sostenevano i cari loro, e gli accompagnavano con parole di conforto; né adulti soltanto, ma garzoncelli, ma giovinette appena adolescenti che facevano scorta a fratellini più teneri; e con senno e con misericordia virile li confortavano ad essere obbedienti, promettevano di accompagnarli in luogo ove si terrebbe conto di loro per farli guarire.
      Quando Fermo vide la processione quasi tutta passata, e sgombra la sua via, si volse ad uno dei monatti che chiudeva il corteggio, e gli chiese conto della casa di Don Ferrante. Il monatto non rispose se non: «va in malora, tanghero». Fermo aveva tutt'altro in testa che di risentirsi, e non replicò: guardò al commissario, gli parve un volto più cristiano; fece a lui la stessa inchiesta; e il commissario, accennando con un bastone la via dalla quale egli veniva disse: «l'ultima casa nobile, a destra»; e passò.
      Quelle parole per sè indifferenti, e che non esprimevano se non la nuda notizia che Fermo aveva desiderata, lo colpirono però, come se fossero una sentenza ambigua e temuta.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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