ile scena.
A noi, come certamente al lettore, incresce ormai un cosė lungo avvolgerci tra tanto dolore, e tanto fastidio: quindi ci guarderemo dal tentare anche di descrivere a parte a parte quella scena: bastino alcuni tratti generali a dare un'idea comunque dello spettacolo che s'offerse agli sguardi di Fermo. Fin dove il suo occhio poteva giungere nello spazio che circonda al di fuori il lato meridionale e l'orientale del lazzeretto, quello spazio era sparso di languenti, a cui non erano bastate le forze per giungere fino al lazzeretto, di morti che ivi giacevano, era percorso da gente che entrava, da infermi che ne uscivano, e che erravano sbandati, la pių parte fuori di sč, quale imperversato, quale istupidito. Altri pareva tutto infervorato a raccontare le sue sciaurate fantasie al tapino che giaceva oppresso dal male, o ad un altro infelice, preoccupato da altre fantasie; un altro si mostrava assorto e tranquillo in un immaginato contento; e quella apparenza di gioja e di serenitā in mezzo a tanta miseria, pure ne accresceva l'orrore; tanto č terribile all'uomo il vedere in altri oscurato quel lume divino che lo fa esser uomo. Altri per un trasporto che fu notato in altre pestilenze, vogliosi d'immergersi nell'acque, si gettavano nel fossato che gira attorno al lazzeretto; e vi morivano affogati, o vi rimanevano disensati; taluno canticchiando, le ore, i giorni interi. Tra quella confusione giravano monatti a prendere i morti, a contenere, a rispingere, a guidare nel lazzeretto i miseri cosė vivi, giravano commissarj, delegati, a dare ordini, a dirigere come si poteva i monatti.
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Fermo
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