Il che si chiamerebbe volentieri un bell'eccesso, chi non riflettesse che la religione proscrive tutti gli eccessi; perché il saggio, il temperato, il ragionevole ch'ella comanda o consiglia, è più nobile e più bello di qualunque esaltazione fantastica.
Nel suo tristo giro, Fermo s'abbattè in un luogo dove quella carità offriva uno spettacolo singolare. Vide nel campo un picciol parco, una steccaja, come per tenervi ragunato un gregge. Si avvicinò; v'era in fatti un gregge di capre; e il vecchio pastore, con una lunga barba bianchissima, succinto e affaccendato, era un capuccino. Le capre davano la poppa; ma quali erano i piccioli lattanti! bambinelli che raccolti in quel recinto presso la madre spirata, o staccati dal petto inanimato eran quivi portati a vivere. Quel nuovo pastore sprimacciava un letticciuolo di paglia ad un bambino, ne accostava un altro alle mamme; i belati rispondevano ai vagiti; e alcune di quelle nuove nutrici già avvezze a tali allievi si avvicinavano, e si acconciavano ad essi come con senso umano; alcune perfino distinguevano quello che era loro toccato il primo, distinguevano il suo grido, e si ritraevano, strepitavano se un altro bambino veniva presentato alle loro poppe.
Fermo ristette ivi alquanto a contemplare la novità dello spettacolo, e a riposarvi gli occhi affaticati d'orrore. Ma movendosi di quivi vi si trovò ingolfato di nuovo; e rifinito dalla lunga costernazione, dalla fatica e dal digiuno, egli pensava già ad uscire di là, per riprendere se non altro nuove forze col riposo, per andare in traccia di cibo.
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Fermo
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