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      «Onde», conchiuse, «vengo a cercarla qui; vengo a vedere s'ella è viva, se si ricorda di me, se mi vuole ancora...»
      «O giovane!» disse il Padre Cristoforo, «e in questi tempi, fra questi oggetti, tu hai potuto, tu puoi ancora occuparti di tali pensieri?»
      «Ma, caro padre mio...» cominciò per rispondere il giovane; e non seppe dir più: perché sentiva egli bene una grande importanza in quei suoi pensieri; erano per lui un affare molto serio; ma era impacciato a trovar le parole convenienti per esprimere una tale idea ad un vecchio capuccino, che era venuto quivi a vivere, a morire, nel ribrezzo, e nelle fatiche per servire a sconosciuti. Parlar d'amore, accennarlo pure con circollocuzioni, addurre l'amore come un motivo importante, come una faccenda, in quel luogo, ad un tal uomo, pareva a Fermo una vergogna: e in fatti però non avrebbe potuto parlar d'altro, perché l'amore era il motivo che l'aveva condotto lì. Ma il buon frate lo cavò tosto d'impaccio, rispondendo per lui. L'interrogazione mista quasi di rimprovero che gli era uscita, non veniva dal fondo della sua mente: erano di quelle parole volgari, che precedono la riflessione, e delle quali anche gli uomini avvezzi a riflettere contraggono l'uso dalla conversazione comune.
      «Tu hai ragione», diss'egli a Fermo che esitava: «tu hai ben fatto. Quei che stanno per morire, debbono pensare alla morte, non altro; ma l'uomo che è nel vigore della salute e dell'età, l'uomo che può vivere ancora, deve, pensando alla morte, provvedere alla vita; non per cercare in essa un contento che non v'è, ma per condurla, secondo l'ordine di Dio, fino alla morte.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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