In tre balzi girò la capanna, fu su la porta, vide una donna inclinata sur un letto, che andava assestando.
«Lucia!» chiamò Fermo con gran forza e sottovoce ad un tempo: «Lucia!»
Trabalzò ella a quella chiamata, a quella voce, credette di sognare, si volse precipitosamente, vide che non era sogno, e gridò: «Oh Signore benedetto!» Fermo rimase su la porta tacito e ansante, e Lucia pure dopo quel grido stette immota in silenzio più tempo che non bisogni a raccontare in compendio le sue vicende dal punto in cui l'abbiamo lasciata.
Ella era sempre rimasta nella casa di Don Ferrante; e fino ad un certo tempo sotto la vigilanza severa di Donna Prassede. Ma allo spiegarsi della peste questa signora, messe da un canto tutte le altre cure, dimenticate tutte le brighe, non solo le sue proprie, ma anche quelle di cui prima andava tanto volentieri in cerca, non ebbe più che un pensiero, di guardarsi dal pericolo comune. Pensò ella che, per fare del bene, la prima condizione è di essere in vita, e per allora, volle assicurar questa. Quanto al prossimo, non pensò più a regolarlo, ma soltanto a tenerselo lontano, tanto che non gli comunicasse la pestilenza. Don Ferrante invece, persuaso che tutte le precauzioni immaginabili non avrebbero potuto fare che la congiunzione di Saturno con Giove non fosse avvenuta, né stornare le conseguenze di un avvenimento di quella sorte, non cangiò nulla al suo tenore solito di vita: e contrasse la pestilenza, che in un giorno lo spicciò. Donna Prassede s'era ritirata con la signora Ghita, nella stanza più remota della casa; Prospero che alla morte di Don Ferrante era certo di dovere andare a spasso, pensava a farsi un po' di fardello, il resto della famiglia seguiva il suo esempio; e il povero astrologo sarebbe morto abbandonato, se Lucia non avesse avuta la carità di prestargli qualche servigio.
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