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      Eppure quegli che sopravvissero rammentarono quell'ora con gioja per tutta la vita; era la preparazione d'una burasca, che scoppiò la notte, e menò poi per due giorni una pioggia continua, dopo la quale il contagio cessò quasi ad un tratto.
      Sotto il fascio di quella comune gravezza, procedevano il giovane e il vecchio, con la fronte bassa il primo e con l'animo diviso fra lo studio della via, fra l'orrore delle cose che vedeva, e l'ansietà del suo destino futuro; e l'altro levando di tratto in tratto al cielo la faccia smunta come per cercare un più libero respiro, e per secondare con quell'atto una speranza interna.
      «È qui», disse Fermo con voce tremante accennando la capanna; e v'entrarono che Lucia col volto lagrimoso stava proseguendo il suo racconto.
      Al riveder Fermo ella trasalì, e al vedere il Padre Cristoforo balzò dal saccone di paglia ov'era seduta, e gli si gettò incontro su la porta.
      «Oh Padre!... Signore Iddio! come sta ella?» soggiunse poi tosto vedendogli i segni della morte in volto.
      «Come Dio vuole, mia buona figlia», rispose il Frate: «e presto spero starò bene affatto».
      «Come?...» disse Lucia.
      «Come Dio vorrà», riprese egli tosto. «Parliamo ora di voi, per cui son venuto».
      «Oh Padre! quanto tempo! quante cose!» disse Lucia.
      «Quante cose!» ripetè il Frate: «e certo se fossimo là ai vostri monti, seduti in su la porta della casetta di quella buona Agnese, mi lascerei andar volentieri a farne lunghi discorsi. Ma qui il tempo è misurato». E tosto trattala in disparte in un angolo della capanna, continuò:


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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