Don Abbondio al vedere il nuovo padrone di quella altre volte caverna di ladroni, umano, cortese, affabile, rispettoso verso i preti, voglioso di far del bene, non si può dire quanto ne fosse edificato. E quando quel signore lo richiese di Fermo e di Lucia, e gli manifestò le sue intenzioni benevole, Don Abbondio, non solo si prestò volentieri, a secondarle, ma lo fece con una ispirazione molto felice.
«Signor mio», diss'egli «questa buona gente è risoluta di lasciar questo paese; e il miglior servizio ch'ella possa render loro è di comperare quei pochi fondi che tengono qui. A lei potrà convenire di aggiungerli ai suoi possessi; e quella gente si troverà fuori d'un grande impiccio».
Il signore gradì la proposta, anzi con molto garbo richiese Don Abbondio se non sarebbe dispiaciuto di condurlo a vedere quei fondi, e insieme a conoscere quella brava gente.
«È un onore immortale», disse Don Abbondio facendo una gran riverenza; e andò in trionfo alla casa di Lucia con quel signore, il quale fece la proposta, che fu molto gradita. Il prezzo fu rimesso a Don Abbondio, a cui il signore disse all'orecchio, che lo stabilisse molto alto. Don Abbondio così fece; ma il signore volle aggiungere qualche cosa: e per interrompere i ringraziamenti dei venditori, gli invitò a pranzo nel suo castello pel giorno dopo quello delle nozze.
Quel giorno benedetto venne finalmente: gli sposi promessi, furono marito e moglie; il banchetto fu molto lieto. Il giorno seguente ognuno può immaginarsi quali fossero i sentimenti degli sposi e quelli di Don Abbondio, entrando non solo con sicurezza, ma con accoglimento ospitale ed onorevole nel castello, che era stato di Don Rodrigo: a render compiuta la festa, mancava il Padre Cristoforo: ma egli era andato a star meglio.
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